“Quando Chiara mi ha scritto chiedendomi se potesse intervistarmi per una ricerca per il suo corso di studi di Design del prodotto industriale al Politecnico di Milano, non ho potuto che dire subito di sì! Chiaccherare con lei mi ha fatto rivivere i meravigliosi anni di Architettura e rispondere alle sue domande è stato un vero piacere. Poi è stata così gentile da inviarmi il suo saggio che vi metto qui: è scritto con cura, dettaglio e attenta analisi. Una gioia incontrare ragazzi come Chiara che ringrazio per questo suo lavoro.”

Bardelli Vetri Artistici
La storia

Bardelli Vetri Artistici è un’azienda artigiana che realizza oggetti in vetro dicroico; ho avuto il piacere di intervistare la proprietaria, Sara, che mi ha raccontato la storia di questa piccola realtà e della sua evoluzione nel corso degli ultimi vent’anni.
L’attività nacque nel 1998 quando la famiglia Zanoni utilizzò la vetrofusione per fondere il vetro tradizionale con uno altamente tecnologico, derivato dagli scarti dell’altra azienda di famiglia: il risultato diede vita a dei prodotti unici proprio grazie all’uso del vetro dicroico, materiale molto costoso ma capace di regalare giochi di luce sempre diversi.
L’azienda venne condotta dallo zio di Sara producendo vetrate domestiche su commissione: nel 2006 la domanda stava diminuendo, sia perché il gusto della clientela era cambiato, ma soprattutto perché non c’erano più le disponibilità economiche sufficienti per permettersi questo tipo di prodotti.
Quando Sara, architetto di formazione, decise di prendere in mano la gestione dell’attività, si trovò di fronte ad una realtà legata ancora all’idea tradizionale di bottega artigiana: i prodotti proposti erano inaccessibili ed ormai superati, mentre tutta l’attività non prendeva in considerazione un’attenta analisi dei costi per

poter ottimizzare il lavoro. Grazie a lei l’azienda venne ri-progettata con l’obiettivo di realizzare prodotti nuovi in linea con i tempi, accessibili ad un pubblico vasto grazie a dei costi contenuti.
La tecnica di per sé innovativa della vetrofusione dicroica venne quindi indirizzata verso oggetti domestici di piccole e medie dimensioni dal prezzo contenuto: i macchinari e le scelte produttive rimasero pressoché invariate, quello che cambiò era il tipo di mercato a cui l’azienda voleva affacciarsi, non più pensato per pochi.

Bardelli Vetri Artistici
I prodotti

Oggi il catalogo dell’azienda propone una vasta gamma di piatti, sottobicchieri, piccoli vasi per fiori e ciondoli di vario tipo; tutti i progetti nascono dalla mente di Sara, che traduce le sue idee in schizzi trasferendoli poi sul vetro.
I prodotti che più mi hanno incuriosito sono appunto i piatti, pensati sia per la tavola che come portaoggetti: dopo aver pensato al disegno bidimensionale, su una lastra piana di vetro trasparente vengono posizionati i diversi scarti di vetro dicroico precedentemente scelti, che andranno a definire la fantasia dell’oggetto.
La lastra viene poi trasferita all’interno di forni a novecento gradi, attraverso cui lo stampo darà la forma finale al prodotto.
I piatti hanno linee semplici e fantasie delicate, proprio per lasciare spazio alla particolarità del materiale utilizzato.

La differenza con gli altri piatti presenti sul mercato è racchiusa nell’identità che l’oggetto possiede, oltre che nella sua funzione: spesso questi prodotti vengono progettati solo in prospettiva di quello che dovranno accogliere (diventando quindi “ombra” di altri oggetti), o al contrario tenendo conto solo della loro individualità. I piatti di Bardelli sono invece punto di incontro tra funzione ed estetica, che nel loro insieme contribuiscono a dare identità propria agli oggetti: essi possono essere utilizzati sia come sottopiatti che come portaoggetti, ma allo stesso tempo non perdono il loro carattere distintivo se utilizzati da soli.

L’artigianato
Ieri e oggi

La storia di Sara ha aperto in me una riflessione sull’idea di artigianato odierno: l’azienda è stata innovativa non solo perché ha utilizzato un materiale di scarto (di per sé molto costoso) per aprire un’attività del tutto nuova e a basso costo, ma soprattutto perché negli ultimi anni è stata capace di decifrare il periodo storico e i cambiamenti nelle richieste e nelle disponibilità della sua clientela.
L’azienda da cui Sara partiva non teneva conto di tutti quegli aspetti economici e sociali che inevitabilmente influenzano il progetto ed un suo possibile successo, proponendo quindi oggetti superati e non più richiesti dal mercato: al contrario, lei è riuscita a dare nuova vita all’attività ponendo il focus su un altro tipo di prodotto, più in sintonia con i gusti e i desideri del pubblico di quegli anni.

Credo che la sua formazione da architetto l’abbia allenata al cambiamento e di conseguenza alla ricerca di nuove risposte progettuali; gestire un’azienda artigiana oggi non significa solo proporre oggetti unici e con un’attenzione al dettaglio, ma significa anche progettare un’azienda nel suo insieme, tenendo conto di aspetti esterni a quello meramente progettuale.
Significa considerare l’aspetto economico, fare un’analisi dei costi e capire dove e in che modo ottimizzare i processi produttivi, ma anche considerare

quello tecnologico, utilizzando macchinari nuovi per introdurre migliorie ai prodotti.
Infine, l’aspetto più importante riguarda la comunicazione: mai come oggi raccontare un prodotto è fondamentale per farsi spazio in un mercato saturo di oggetti. Questo aspetto si traduce in una conoscenza approfondita dei nuovi linguaggi comunicativi, sfruttandoli come risorsa per raccontare la propria cultura manifatturiera: le aziende artigiane del presente devono quindi essere aperte alle novità e al cambiamento, cercando di innovarsi in tutti gli aspetti per rimanere al passo con i tempi e soddisfare le richieste del mercato di riferimento.

Chiara Marsiglia, Politecnico di Milano

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